Il maggio
"I flutti gorgheggiando muoiono nell'arena oziosa e sulle mura delle case grigie, dove alle finestre le fanciulle martane, palpitanti di vita, da parere uscite dalle tele del Tintoretto, gettano a nembi sui passanti i fior della ginestra..."
(Ruspantini, Feste ed ebrezze, 1892)
Il gettito della ginestra – o "maggio", come viene chiamato a Marta – da parte delle donne sugli uomini che sfilano può essere ricondotto ai riti primaverili di fecondità.
Tradizionalmente, in alcuni centri del viterbese, la sera prima delle nozze lo sposo piantava di rami di ginestra sull'uscio di casa della sposa, come simbolo di prosperità ed abbondanza.
In occasione della Festa il "maggio" non è piantato bensì sfogliato ed è la donna che lo getta dalla finestra sull'uomo a cui tiene. La ginestra è senza dubbio il fiore che più degli altri connota l'evento anche perché il colore giallo della pianta, simbolo del Sole, considerata per analogia l'omologa dell'oro nel mondo vegetale, è simbolo di propiziazione, esattamente come lo è il gesto fatto dai Sementerelli (una sottocategoria dei villani, che sfila nel corteo) quando, all'atto delle Passate, aprono i giri di ogni categoria gettandolo per terra come a volersi inconsciamente ingraziare la divinità, oggi Maria, alla quale chiedono di vegliare sui loro raccolti e sulla pesca.
Un altro rito di propiziazione di origine pagana, oggi scomparso, era la tiratura del solco dritto, pratica che si riscontra anche in altri centri della Tuscia, che veniva fatta a Marta la notte della vigilia della Madonna del Monte da esperti bifolchi che legavano due buoi ad un aratro. Prendendo come riferimento una lucerna lasciata accesa sulla finestra del convento, tiravano un solco che sarebbe stato visibile la mattina seguente dal Santuario. Se il solco era dritto sarebbe stata una stagione feconda, altrimenti si traevano cattivi auspici per il raccolto.